In tempo di elezioni politiche come scegliamo chi votare?
A breve ci si ripropone l’occasione di far uso del nostro diritto di voto. Da diverse “discussioni da bar”, spesse volte ho sentito dire “Sto giro non so proprio chi votare”, “Io non voto”. Mi sembra utile offrire un riassunto di quello che la psicologia ha appreso sull’argomento. Iniziamo dalle ricerche oltreoceano, ove sebbene il sistema elettorale sia differente dal nostro, alcuni dati possono fornire al lettore un’idea di come la popolazione si orienti nel decidere a chi offrire il proprio voto…
Nel 1957, Downs propone un’equazione secondo la quale i benefici che l’elettore ritiene di ricevere dal suo votare (R, dall’inglese reward) sono risultanti del rapporto tra i benefici che ritiene di acquisire una volta che il suo candidato preferito vincerà (B di benefit) e la probabilità percepita di poter fare la differenza col proprio voto (P), cui si sottraggono i costi in termini di tempo e risorse che l’individuo dovrebbe mettere in atto per andare a votare (C, costs), sommati infine alla soddisfazione personale che l’elettore dovrebbe trarre nell’aver votato (D, dovuto al senso civico, civic duty).
Riflettendoci, questa equazione presenterebbe un paradosso, considerando che l’atto di votare offre benefici solo nel momento in cui avviene da un’azione collettiva… Quali benefici per il singolo individuo, per di più in culture sempre più improntate all’individualismo?
Nel mettere in discussione questa teoria, altri autori hanno valutato diversi aspetti in gioco in periodi di elezioni, alcuni più relativi al cittadino, altri concernenti i candidati in gioco. Tra i fattori emergenti riportiamo: elementi “barriera” di tipo pratico-procedurale (si pensi a persone diversamente abili, a chi è impegnato in un trasloco o si è trasferito da poco); fattori demografici che considerano il livello di scolarità ed educazione politica dell’elettore, il gruppo razziale (che in America vede una maggior partecipazione della popolazione bianca), le caratteristiche del vicinato (ove stati socio-economici più alti incoraggiano una maggior partecipazione politica), lo stato civile (per cui vi è un maggior afflusso alle urne di coniugati rispetto a single o divorziati), l’essere attivi in gruppi di volontariato ed organizzazioni civiche in genere, il livello di fiducia nel sistema politico, le proprie possibilità di coinvolgimento nella vita politica, il senso di solidarietà di un particolare gruppo, il senso di dovere civile e l’abitudine a votare.
Ultimo fattore, non per importanza, le caratteristiche specifiche di una competizione elettorale, che coinvolgono i modi in cui i candidati si presentano (quindi quanto quello preferito viene percepito come carismatico o condividente il proprio sistema di valori rispetto ai candidati rivali); il modo in cui i candidati tra loro appaiono simili o divergenti nelle loro proposte politiche, nonché il modo in cui vengono pubblicizzati in campagna elettorale. Harder e Krosnick (2008) concludono che l’afflusso alle urne sia maggiore quando:
– i costi (pratici in tempo e spostamento) sono minori, così come quelli relativi all’aver accesso al maggior numero di informazioni chiare e possibili su candidati e loro programmi;
– la predisposizione e la motivazione del cittadino a votare sono maggiori (in genere per appartenenza a livelli socio-economici alti, a famiglie politicizzate e a contesti politicamente attivi);
– il contesto elettorale specifico di un’ elezione è favorevole, potendo questo incoraggiare al voto (si pensi al programma di Bush post 11 settembre)
– i candidati avanzano le loro richieste a votare e si espongono nelle interviste in modo piacente, coinvolgente e condividente i valori dell’elettorato in un dato periodo (ad esempio come presentano essi stessi o in che forma criticano – o complimentano – gli oppositori);
– in funzione infine dei risultati dei sondaggi, precedenti il periodo elettorale, e delle percentuali emergenti verso il termine delle elezioni.
Leggendo sin qui, ciascuno potrebbe essersi già collocato in qualche variabile riportata, ma torniamo alle ricerche in materia psicologica svolte nel nostro stivale mediterraneo nell’ultimo decennio …
Gianvittorio Caprara (2003), professore a La Sapienza di Roma, ha analizzato su ampi campioni ciò che può avvenire nella mente dell’elettorato italiano. Constatando quanto in Italia l’appartenenza ad una classe sociale, la collocazione geografica, il livello scolastico ed educativo, l’età o l’appartenenza di genere non siano più sufficienti a comprendere le scelte dei cittadini in materia di voto politico, il professore ha analizzato le preferenze elettorali in funzione di tratti di personalità (secondo il modello a Cinque Grandi Fattori) e del sistema valoriale dei cittadini. Ecco i risultati più volta riconfermatisi nel corso delle sue ricerche rispetto ai tratti (costellazioni tendenzialmente stabili nel tempo rispetto al proprio modo di pensare e percepire, che si riflettono nel modo quotidiano di agire):
chi manifesta una preferenza verso le coalizioni di centro-destra tende ad essere più estroverso, loquace, dinamico, tenace, scrupoloso, perseverante ed accurato rispetto a simpatizzanti di centro-sinistra. Questi ultimi ottengono invece punteggi più elevati in cooperatività, altruismo, apertura mentale, più ampli interessi culturali ed originalità.
Circa i valori indagati dagli elettori, il professore si è ispirato alla tassonomia dei valori di Schwartz (1992) che elenchiamo per esteso prima di esporre i risultati della ricerca: potere, successo, edonismo (piacere e gratificazione personale), stimolazione (ricercata attivamente in attività e sfide), auto direttività (indipendenza rispetto al proprio pensiero e scelte), universalismo (inteso come tolleranza e protezione degli altri e della natura), benevolenza (mirare al benessere delle persone al proprio intorno), tradizione (rispettare la propria ed altrui), conformismo (nel senso di evitamento di atteggiamenti passibili di disturbare o danneggiare gli altri) e sicurezza (sociale oltre che propria).
Ebbene: successo, potere e sicurezza sono i valori che gli elettori di centro-destra condividono maggiormente. Quelli di centro-sinistra si rispecchiano di più in benevolenza e universalismo.
A quanto pare tratti di personalità e valori personali giocano un ruolo non indifferente nell’orientare il cittadino chiamato alle urne. A livello cognitivo, lo stesso Caprara, sostiene che nella mente dell’elettore intervengano due euristiche. Per intenderci, le euristiche sono procedimenti di pensiero automatici che ci permettono di elaborare una scelta senza spendere troppe risorse cognitive. Più semplicemente: scorciatoie del pensiero che ci evitano una lunga elaborazione delle informazioni di cui disponiamo, quando tante, o ci permettono di decidere sulla base di poche. Che euristiche usa l’elettore?
– l’euristica della gradevolezza: tramite essa il cittadino predilige il candidato che percepisce come più simile a sè
– l’euristica della parsimonia: si tende a votare il candidato secondo due soli fattori di personalità (rispetto ai cinque del modello dei Cinque Grandi Fattori), probabilmente quelli che si ritiene debba possedere un buon politico. Energia ed Amicalità, questi i due tratti utilizzati dagli italiani ai tempi di Berlusconi, Prodi (2004, 2005), comprendono le caratteristiche di competenza, efficienza, affidabilità e lealtà.
Una precisazione, mossa dallo stesso Caprara: i valori selezionati “con parsimonia e gradevolezza”, sono influenzati da quelli cui il cittadino dà primaria importanza in un dato momento della propria vita.
Chiamati a votare in tempo di crisi economica (che vede un aumento del tasso di disoccupazione, una notevole riduzione del potere d’acquisto ed un incremento della tassazione, in realtà maggiore ma non nuovo nel nostro paese…) quali valori possono far più leva sugli altri? Quali i più condivisi dagli italiani a prescindere dalla loro appartenenza di classe, età, istruzione o genere?
Si presume che il voto sia il frutto di una riflessione: consapevole e volontaria… ma… c’è chi reclama il “diritto al non voto”…
Gli astensionisti, per la cronaca, hanno riscosso punteggi più bassi rispetto alla media in tutti i tratti di personalità indagati dal modello Big Five.
Lungi da me il voler indirizzare il lettore nel proprio voto, con questa piccola ricerca ho voluto condividere le conclusioni circa le variabili che tendono ad orientare il voto. E la scelta si sa, non è solo sul chi o quale partito votare, perché si può anche scegliere di non farlo. Che in tal caso non si trovino candidati in grado di rappresentare quei valori fondamentali?
Con questa mia, spero solo di aver stimolato una riflessione consapevole, a qualsiasi conclusione essa vi porti! Buona scelta.
Fonti:
Caprara G.V. (2003), Tempi moderni. Psicologia per la politica. Firenze, Giunti
Caprara G.V., Zimbardo P.G., Personalizing Politics: A Congruency Model of Political Preference. American Psychologist, Vol. 59, No. 7 (October, 2004), pp. 581–594.
Caprara G.V., Schawartz S., Barbaranelli C., Capanna C., Vecchione M., Personality and Politics: Values, Traits, and Political Choice. Political Psychology, Vol. 27, No. 1 (Feb., 2006), pp. 1-28
Downs, A. (1957). An economic theory of democracy. New York: Harper & Row.
Harder J. and Krosnick J.A., Why do People Vote? A Psychological Analysis of the Causes of Voter Turnout. Journal of Social Issues, Vol. 64, No. 3 (2008), pp. 525-549.
Lettura Consigliata:
“Lo stato siamo noi”, Piero Calamandrei. Ed. Instant Book Chiarelettere